Il discorso sulle armi all’uranio impoverito rileva in modo particolare nel contesto dei Balcani, in quanto esistono prove tangibili del loro utilizzo da parte di forze statunitensi che operavano sotto l’egida della NATO negli anni Novanta del secolo scorso. Secondo analisi indipendenti, l’analisi dei campioni delle scorte di armi all’uranio impiegate nei conflitti balcanici ha mostrato come queste fossero state fabbricate con materiale proveniente da rettori. In via contestuale, le armi all’uranio furono impiegate in Bosnia Erzegovina come parte dell’operazione Deny Flight sia nei mesi di agosto e settembre 1994, sia nell’ambito dell’operazione Deliberate Force in altre 17 occasioni nell’agosto e settembre 1995. Nel complesso, si stima che almeno 1271kg di uranio impoverito siano stati utilizzati nelle suddette occasioni. Accanto alla Bosnia Erzegovina, nell’ambito dell’operazione Allied Force armi all’uranio sono state sparate in almeno 112 occasioni tra il 6 aprile e l’11 giugno 1999 contro obiettivi localizzati in Serbia meridionale e Kosovo, nonché contro un sito rilevante in Montenegro. A tal riguardo, le operazioni menzionate hanno richiesto l’impiego di circa 5720 kg di munizioni all’uranio impoverito. In tutti questi casi, il proiettile a base di uranio era il PGU14/B, sparato contro bersagli a terra da un cannone rotante di tipo Gatling GAU-8 dall’aereo A-10 Thunderbolt II: sebbene fosse solo uno il modello di aereo impiegato in tali specifiche e limitate operazioni militari, la contaminazione ambientale che ne risultò fu tutt’altro che irrisoria e circoscritta. Ciononostante, è da notare come in realtà le quantità di uranio impoverito impiegate nei Balcani risultino essere nettamente ridotte rispetto all’esperienza irachena. Di fatto, durante i due conflitti del 1991 e del 2003 in Iraq, l’uranio impoverito utilizzato (attorno ai 404.000 kg) superò di circa 57 volte la quantità impiegata nei Balcani. A circa un trentennio di distanza, sono molteplici le questioni aperte sull’impatto a lungo termine dell’uranio impoverito tanto nei Balcani quanto in Iraq (e, con il conflitto in Ucraina, potenzialmente anche nelle aree in cui si estendono i combattimenti dal febbraio 2022) ed in particolare in riguardo al livello di danno arrecato alla popolazione civile e ai veterani. La questione iniziò a sorgere all’indomani delle guerre nell’ex Jugoslavia, per poi acuirsi a seguito dell’impiego di uranio impoverito su larga scala nel Golfo Persico ben documentato da una maggiore copertura mediatica, la quale dedicò particolare attenzione ai resoconti di tassi più elevati di cancro tra i soldati che prestarono servizio in Iraq. Venerdì 27 settembre, a partire dalle ore 18, a Udine si terrà il convegno nazionale "MORTI DA NASCONDERE: LA SINDROME DEI BALCANI". Perchè un lungo elenco di alti ufficiali militari e dirigenti governativi hanno dovuto declinare l'invito pur riconoscendo il valore scientifico ed umanitario del Convegno? Quali sono e di chi sono le responsabilità di una vera e propria strage di militari e di varie nascite con malformazioni genetiche? Per quale ragione molti medici che hanno obbligato all'uso di mascherine all'aperto durante la pandemia del Covid, non hanno ritenuto doverso far proteggere dall'inalazione di metalli pesanti interi contingenti di italiani in missione? Fra i relatori che hanno confermato la propria presenza ci sarà l'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Ona, la nano patologa Antonietta Gatti, il colonnello Carlo Calcagni, il colonnello Fabio Filomeni, il direttore della rivista Analisi Difesa, Gianandrea Gaiani, l'ex ministro della difesa Elisabetta Trenta e il capo dipartimento nazionale vittime del dovere del sindacato SUM, Fabio Carlone. Moderatore del convegno il direttore del Corsaro della Sera, Marco Belviso. Nel corso della serata saranno proiettate video interviste estremamente toccanti e consegnate delle targhe di "scienza e riconoscenza" al merito. Info e prenotazioni: 3421597159