Forse il Questore di Udine ignora il passato violento di molti personaggi che frequentano Borgo Stazione, dentro e fuori dalle moschee. Ci permettiamo di ricordare alcune vicende che toccano il passato di vari bengalesi, dentro e fuori, dalle moschee. Tuttavia le persone di cui vi scriviamo, qui di seguito, sono alcune delle persone che, il 27 luglio, divideranno "il palco" con l'Imam di Roma. Islam Rafikul voleva diventare il presidente dell'associazione bengalese "I pacifici di Udine" e, per essere più convincente, si è presentato al centro islamico appena inaugurato dal sodalizio in via della Rosta impugnando una pistola e minacciando i componenti del direttivo. Rafikul era un riferimento per l'intera comunità del Bangladesh residente a Udine e come tale richiedeva di essere interpellato sulle decisioni importanti, eppure era stato escluso dalla scelta di aprire il centro culturale islamico di via della Rosta. L'inaugurazione del centro ha inevitabilmente causato tensioni all'interno della comunità bengalese, mettendo in discussione le consolidate posizioni sociali dei suoi componenti, in primis quella di Islam Rafikul. Quest'ultimo contava di ridefinire il direttivo dell'associazione "I pacifici di Udine" e di guadagnarne la presidenza. Per questo convocò un incontro del direttivo ma giunto alla moschea si accorse che il suo invito era stato disatteso e andò su tutte le furie. Secondo quando dichiarato da Shahdat Hossain (in foto con l'organizzatore di Borgo Mondo Marco Orioles), portavoce del centro, da Almash Mohammed e Sagar Islam Rafikul si rivolse agli ultimi due dicendo loro "Io vedi con cosa sto girando? Non lascerò pace a nessuno dei miei nemici". Stando a quanto contestato dall'accusa, poi, l'uomo avrebbe fatto loro intravedere un oggetto (apparentemente la canna di una pistola) che teneva nella tasca interna della giacca. Non solo; Rakiful avrebbe telefonato una settimana più tardi a Hossain Shahdat, portavoce del centro, minacciandolo di sparargli con la pistola che aveva portato al centro islamico e aggiungendo che lo avrebbe accoltellato ovunque lo avesse trovato. Ma per Rakiful la vita udinese non è mai stata troppo tranquilla. Un paio di anni prima era presidente della Onlus “Comunità del Bangladesh” della provincia di Udine, un riferimento per tutti quelli che provenivano dal suo paese d’origine. Faceva l’interprete - all’occorrenza - per la Questura e per l’ospedale. Questa posizione non era digerita da alcuni suoi connazionali, e per questo motivo accoltellarono il fratello Shbug per colpire lui. Non ebbe dubbi Rafikul Islam, con un passato da irregolare e un presente di duro lavoro e di due attività imprenditoriali gestite in città assieme alla moglie e, appunto, al fratello (che è alle sue dipendenze): si trattava, all'epoca dei fatti, di un distributore di benzina in via Pozzuolo e di un negozio di frutta e verdura in via Aquileia. Rafikul arrivò in Italia nel 1997, a 15 anni, con un carico di clandestini. Venne così affidato alla “Casa dell’Immacolata - Don De Roja”, dove imparò l’italiano ( e pure il friulano) e un mestiere. Una volta maggiorenne un lungo periodo da dipendente in un distributore - 10 anni -, poi l’inizio della sua attività grazie ai risparmi messi da parte. Ecco perchè è importante che il 27 luglio, friulani e non, si diano appuntamento in via Carducci alle ore 19 per fare chiudere i centri di accoglienza per minori profughi, eliminare lo spaccio e ripristinare la legalità. #RIPRENDIAMOCIUDINE #RIPRENDIAMOCILITALIA