Tommaso Cerno da oggi, venerdì 1 marzo, è il nuovo direttore de Il Tempo, quotidiano della famiglia Angelucci che possiede anche Il Giornale e Libero. "Comincia una bellissima avventura", spiega il giornalista friulano, "questo è il primo giorno nella nuova redazione de Il Tempo che compie 80 anni - spiega Cerno - un quotidiano che ha raccontato Roma e l'Italia nei momenti più belli e nei momenti più difficili". Una voce, quella della Capitale, che "deve squillare forte su questo Paese e deve dire la sua", continua Cerno che annuncia grandi novità a partire dal giornale in edicola domani.
Non bisogna scordarsi che Tommaso Cerno fino al 2017 è stato direttore de L'Espresso per poi diventare condirettore de La Repubblica, per poi dimettersi e diventare senatore del Pd nel 2018. Proprio alla guida de L'Espresso denuncia un'attacco "fascista" alla sua redazione e nello stesso periodo scrive diversi editoriali contro la destra fra cui il seguente (vedi foto):
Allarme (non più All’armi) siam fascisti! Come può essere capitato? A noi (pardon), noi italiani democratici che abbiamo scritto la Costituzione vietando al partito che fu di Mussolini di rinascere. “L’Espresso” ci fece una copertina qualche settimana fa. C’erano Grillo, Salvini e Berlusconi con fez e manganello. Tempesta di critiche. E avevano ragione (a propria insaputa) i lettori (di destra) che ci hanno ricoperti di insulti. Non dovevamo disegnare solo loro, ma gli italiani: il popolo nato con la camicia (nera) convinto di avere fatto i conti con la propria indole, prima ancora che con la storia, a suon di leggi e divieti. Voilà, tutti antifascisti mimetizzati nella democrazia, senza risolvere mai quel problemuccio: ci conosciamo, siamo piccoli capetti che danno ragione al capetto più in alto. A casa, in Parlamento, al bar, su Twitter. Ed è questa normalità, mescolata a nostalgia della nazione e maschilismo diffuso, l’arma segreta del fascismo, la sua intima natura. Si chiama conformismo, fino a quando di mezzo non ci sono guerra, galera o esilio. Ma è lo stesso vizio di obbedire che fa ripetere in televisione a tutti le cose che dice il capo. Lo stesso vizio che ci fa parlare del fascismo per non parlare dei migranti. La retorica antifascista che ci ha protetti finora, ci ha dato solo l’impressione dello scampato pericolo. Ha commemorato, non ha ricordato. Memoria significa fare i conti con il fascismo interiore. Noi non l’abbiamo fatto, né prima processando il regime, a differenza dei tedeschi, quando mezzo Paese transitava dalla dittatura alla Repubblica, né dopo. Gli unici conti sono stati fatti a piazzale Loreto, epilogo interiorizzato solo nella letteratura. Penso a Levi, Fenoglio, Pavese".