Vi riportiamo, qui di seguito, una pagina del libro - Il mondo al contrario - scritto dal generale Roberto Vannacci: "L’innalzamento della pena nel caso di uno stesso reato commesso nei confronti della comunità lgbtq+ come è saltato in mente a Zan? Vedere due uomini che si baciano e dire “che schifo” ha lo stesso identico impatto se l’espressione viene rivolta a due persone di sesso opposto che si slinguazzano in pubblico. Perché in un caso si rischierebbe di commettere un reato con pena aggravata e nell’altro invece no? Dire che un trans vestito da badessa, con le labbra gonfie su un viso che lascia intravedere le tracce della barba e che mostra le tette siliconate in pubblico durante il Gay Pride è ripugnante e disgustoso non implica l’istigazione all’odio né, tantomeno, dovrebbe essere più grave che rivolgere lo stesso commento ad una donna che si dovesse comportare allo stesso modo. Non vedo perché le offese contro gli omosessuali e i trans debbano essere più gravi sotto il profilo penale delle offese contro altre categorie di persone. Gridare “gay di merda” è altrettanto odioso e discriminatorio che gridare “interista di merda”, “operaio di merda”, “uomo di merda”, “poliziotto di merda”, “professore di merda”. Molti sedicenti giuristi sostengono che il delitto d’odio nei confronti di una certa categoria di persone deve essere considerato più grave perché chi lo commette ottiene l’effetto che tutte le persone appartenenti alla minoranza individuata (i neri, le donne, i mussulmani, gli omosessuali o i transessuali) si sentano minacciati e vivano, per questo, in uno stato di perenne paura e sottomissione. Ma proprio secondo lo spirito dei crimini contro l’eguaglianza, anche le categorie degli interisti, degli operai, degli uomini, dei poliziotti o dei professori, per quanto difficilmente individuabili in base a criteri di razza, etnia, nazionalità, religione o orientamento sessuale – come lo stabilisce la legge Mancino e lo vorrebbe imporre il “ddl Zan” – dovrebbero essere ugualmente tutelate giuridicamente. D’altra parte, tutte queste espressioni – oltre che dall’offesa vera e propria – sono contraddistinte da un pregiudizio in relazione a una determinata caratteristica personale o di appartenenza ad una determinata categoria. Secondo Mancino e Zan vi sono pertanto delle categorie protette nella nostra società, andando così a scardinare il principio fondante di uguaglianza formale che, insieme alla libertà d’opinione, è alla base della nostra civiltà giuridica e, persino del nostro benessere".