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"SENZA PAROLE": IL NUOVO MENSILE FRIULANO SBARCA A CODROIPO

IL FINANZIATORE DE L'IDENTITA' FILIPPI ORDINO' L'ATTENTATO CONTRO ARIO GERVASUTTI

Il retroscena del 21 ottobre 2022: "Adesso c'è il sostegno di un imprenditore veneto e uno siciliano. Due persone che credono in me - dichiarò Tommaso Cerno in merito alla nascità del nuovo quotidiano L'Identità - ma l‘esigenza primaria è vendere le copie”. L'imprenditore veneto, Alberto Filippi, classe 1966, risiede nel vicentino ed è amministratore delegato della Unichimica Spa. Nel 1994 si iscrisse alla Lega, considerato Tosiano, partito con cui venne eletto assessore comunale di Arzignano, consigliere provinciale, deputato e senatore, fino al 2011, anno in cui i padani lo espulsero. Nel 2012 aderì per un breve periodo a La Destra. L'imprenditore siciliano è invece Giovanni Giovanni Mauro già presidente della Provincia di Ragusa, deputato e senatore di Forza Italia, vicino a Gianfranco Miccichè, attuale direttore amministrativo del Cefpas, di Caltanissetta. Giovanni Mauro, già deputato di Forza Italia, nel 2005 fu condannato a quattro anni di reclusione per bancarotta fraudolenta dal tribunale di Ragusa. La sentenza si riferiva al fallimento della società Ceramiche Sud, della quale Mauro era stato amministratore unico dal 1993 al 1995. Mauro fu presidente della Provincia di Ragusa dal giugno 1994 al 2000, quando si dimise per candidarsi alle elezioni politiche. Grande amico di Alberto Filippi da oltre 15 anni, almeno così ci ha riferito, è l'imprenditore udinese, da qualche anno residente nella capitale, Diego Volpe Pasini. Non è un caso infatti che fu proprio Diego Volpe Pasini diversi anni fa, quando faceva parte del cerchio magico del Cavaliere, ad organizzare una serie di cene fra alcuni imprenditori del Nord Est e Silvio Berlusconi, cena a cui partecipò anche Filippi. Fu sempre Volpe Pasini a dirci che Filippi mise dei soldi nel quotidiano di Cerno per il puro piacere di farlo.

 Oggi, 12 agosto 2023 - L’ex parlamentare accusato di associazione mafiosa: avrebbe pagato un uomo per sparare alla casa del giornalista Ario Gervasutti a Padova. Nel luglio 2018 esplosi colpi di pistola contro la casa dell'attuale caporedattore del Gazzettino. È stato un vero agguato mafioso quello subìto dal giornalista Ario Gervasutti nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2018. All’1.45 cinque colpi di pistola furono sparati contro la casa di Padova dell’ex direttore del Giornale di Vicenza e attuale caporedattore del Gazzettino e a rischiare grosso fu il figlio minore. Le finestre erano aperte e i proiettili entrarono nella stanza del ragazzo, passarono a pochi centimetri dalla testiera del letto e andarono a conficcarsi sul soffitto, nel muro e, uno, nell’armadio. Ora, a distanza di cinque anni, la chiusura di un nuovo filone d’inchiesta condotto dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia sulla cosca «Arena-Nicoscia» della ‘ndrangheta, operante a Crotone e infiltrata nelle province di Vicenza e Verona per commettere estorsioni, rapine, sequestri di persona, furti, emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, illecita detenzione di armi, minacce, lesioni, violenze private e truffa, rivela che a sparare fu Santino Mercurio, calabrese di 65 anni. È uno dei 43 indagati nell’ambito della maxi inchiesta, che dopo le rivelazioni del nipote Domenico Mercurio, anche lui indagato e diventato collaboratore di giustizia, ha confessato di aver agito su incarico di Alberto Filippi, 57 anni, senatore leghista fino al 2013 (era stato espulso dal partito nel 2011), e noto imprenditore di Arcugnano dal 2002 al vertice di «Uniholding spa», azienda leader nella distribuzione di prodotti della chimica di base, con sede a Torri di Quartesolo. All’imprenditore, al «sicario» e ad altri soggetti non ancora identificati i pm antimafia Lucia D’Alessandro e Stefano Buccini contestano l’articolo 416 bis del codice penale, cioè l’associazione di tipo mafioso, perché «in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, Alberto Filippi incaricava Santino Mercurio, dandogli un compenso in denaro, di compiere un atto intimidatorio nei confronti dell’ex direttore del Giornale di Vicenza, Ario Gervasutti».  «L’atto intimidatorio, compiuto materialmente da Mercurio, in concorso con soggetti non ancora identificati, si concretizzava nell’esplosione di cinque colpi di pistola contro l’abitazione del giornalista — scrivono i pm nella comunicazione di conclusione indagini preliminari —. Fatto aggravato dall’essere stato commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso, accrescendone la capacità operativa, economica e la forza di intimidazione funzionale ad assicurare le condizioni di vantaggio nel controllo del territorio da parte dell’organizzazione criminale». È stato Mercurio a fare il nome di Filippi e a spiegare di aver agito dopo giorni di pedinamenti e appostamenti sotto casa di Gervasutti. Circostanze confermate dalle intercettazioni telefoniche disposte dagli inquirenti. Quanto al movente, secondo l’accusa sarebbe da ricercare nell’intento dell’imprenditore di «punire» il giornalista per una serie di servizi pubblicati dal Giornale di Vicenza dal 2010 sul Cis, il Centro intermodale Servizi di Montebello, che sarebbe dovuto sorgere in funzione del cambio di destinazione d’uso di un’area di proprietà dell’ex senatore. «Sono allibito, sconcertato e incredulo — dice Gervasutti, che nel 2018 aveva già ipotizzato un agguato da parte della criminalità organizzata — ma anche sollevato dal grande lavoro degli inquirenti». Ma Filippi, con Santino Mercurio, Domenico Mercurio, 53 anni di Crotone, e Stefano Vinerbini, 39 anni di Zevio, è accusato anche di concorso in estorsione e danneggiamento a seguito di incendio, con l’aggravante mafiosa, per aver colpito alcuni beni della società «Toscolapi srl» di Castelfranco di Sotto (Pisa), allo scopo di risolvere una controversia economica con i titolari. Secondo l’accusa Filippi avrebbe commissionato il reato, «tramite pagamento di 20 mila euro», inizialmente a Domenico Mercurio, nel 2015. Ma l’agguato non venne portato a termine e allora nel 2019 se ne occupò lo zio Santino Mercurio. Ora gli indagati potranno produrre la loro versione dei fatti, ma la Procura antimafia di Venezia sembra intenzionata a chiederne il rinvio a giudizio.



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