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  • POLMONITI: HANNO IGNORATO I MALATI PER MESI

    Altro che zona rossa. Altro che più chiusure. Per salvare vite, prima che il Covid diventasse un'emergenza ingestibile, sarebbe bastato che al ministero drizzassero le antenne, osservassero i dati e magari leggessero qualche giornale. I funzionari che circondavano Roberto Speranza si sarebbero accorti, ad esempio, che mentre dalla Cina arrivavano ancora notizie frammentarie su una malattia respiratoria sconosciuta e molto contagiosa, in Italia, specialmente in Lombardia, già negli ultimi mesi del 2019 stava succedendo qualcosa di strano: gli ospedali si riempivano di pazienti colpiti da polmoniti. L'anomalia avrebbe dovuto far suonare un campanellino: si sarebbe dovuto attivare il piano pandemico (benchè non aggiornato), si sarebbe dovuto fare una cernita dei dispositivi di protezione, dei respiratori, del personale e dei posti letto disponibili e ci si sarebbe dovuti attivare per procurare ciò che mancava. Invece, in Lungotevere Ripa, hanno dormito tutti. E quando l'onda ha travolto l'Italia, era troppo tardi. Roberto Speranza, Giuseppe Conte e compagnia si sono rifugiati nella mossa di cieca disperazione: i lockdown. Sono le dichiarazioni rilasciate dall'ex viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ai magistrati di Bergamo a gettare una luce sinistra sulla superficialità e le sottovalutazioni tra i dirigenti del dicastero. Il 26 febbraio 2020, l'esponente pentastellato, che è stato due volte a Wuhan, tramite la sua segreteria, fa pervenire all'ufficio prevenzione di Francesco Maraglino una richiesta precisa: quella di poter disporre dei dati relativi al numero di ricoveri a seguito di polmoniti nelle regioni indicate per i mesi di gennaio e febbraio 2020. A Roma cincischiavano. Intanto Sileri - come da lui raccontato alla Verità - già da fine gennaio aveva cominciato a insistere per l'aumento del personale e per l'acquisto delle apparecchiature necessarie. Senza alcuna risposta. Il 9 marzo 2020, quando la serrata nazionale è iniziata, il viceministro scrive al segretario generale del ministero, Giuseppe Ruocco, chiedendo i dati sulle polmoniti del 2019. Costui sollecita Maraglino con una mail a caratteri cubitali: "MANFATE QUEI DATI A SILERI!!!". Il 19 marzo però, con il Paese ormai in ginocchio, Sileri e il suo staff scoprono che quei numeri non ci sono. Arriveranno soltanto il 23 maggio, quando si apprende che, comunque, mancava una panoramica completa per l'anno precedente a causa, precisa Ruocco, di ritardi dipendenti da cambiamenti infrastrutturali dell'apparato di gestione dei flussi Nsis. Eppure come emerge dalle carte dell'inchiesta sui territori hanno già ben presente il problema delle infezioni sospette. La cronistoria contenuta nell'informativa bergamasca parla di un boom, non inosservato, di influenze e polmoniti nel basso Lodigiano risalente a gennaio 2020. Certo, neppure le Regioni brillano per la solerzia nelle segnalazioni. Ad ogni modo per i solerti uomini di Speranza sarebbe stato sufficiente andare in edicola o leggere qualche sito intrenet, dove si parlava di pronto soccorsi in allerta e picchi di polmonite. Dunque non è vero che il sistema sanitario non si sta accorgendo di nulla. Sono solo i burocrati, semmai, quelli in letargo. Ed è chiaro che il rapporto causa effetto, nella pandemia di Covid, è l'opposto di quello di cui il governo Conte prova a convincerci: l'intasamento delle corsie non è causato da furbetti che provano a sottrasi dalle restrizioni. I nosocomi sono già strapieni da settimane. A Roma non se ne è accorto nessuno: la raccolta e l'eleborazione delle statistiche è lenta, l'allarme non scatta, il piano pandemico, menzionato en passant nella task force di Speranza da Giuseppe Ippolito, dello Spallanzani, rimane nel cassetto. (di Francesco Borgonovo)

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